Una leggenda dei Tuelche vuole che i forti venti della Patagonia rendano gli uomi pazzi. Ma solo quando i venti calano, in un brevissimo periodo dell'inverno australe, la pazzia si manifesta.
Erano stati sei giorni intensi per l'uomo, sparso senza una meta precisa nell'inverno australe tra la Patagonia cilena e quella argentina. Si era fermato in piccoli localini con sedie di plastica e dal cibo economico, oppure taverne peruviane dove servivano ceviche di salmone, e pisco come unica bevanda. Spesso le sedie ed i tavoli se non erano di plastica erano di legno riciclato e dai colori sgargianti, quasi a contrastare il buio della lunga notte antartica.
Tante chiacchiere al camino con viaggiatori interessanti, e grandi elucubrazioni filosofiche sulla vita con acute viaggiatrici del Nord Europa che avevano condiviso tratti del suo viaggio.
E le giornate stranamente miti ed assolate, sebbene ventosissime, rendevano piacevoli le camminate senza meta nei piccoli villaggi. Gli ricordavano le limpide giornate di inverno del piccolo paesino del sud Italia di cui era originario. In tutti i "Sud" del mondo le giornate limpide invernali sanno di colpevole gioia.
Da una vetrina di un caffè, a Puerto Nalales - provincia di "Ultima Esperanza" in Chile, si era incantato ad osservare i pochi passanti che piegati a contrastare il vento proseguivano il faticoso cammino. Tutti sembravano preoccupati e quasi ansiosi di trovare riparo. Una fretta nell'incedere che stonava con la natura assolutamente rilassata degli abitanti della Patagonia.
Ed invece a lui piaceva il vento, si riconosceva nella sua furia che passa e porta con sé. Ed in tutte quelle lunghe giornate di cammino, di scalate sui ghiacciai ed infinite distanze percorse nei solitari sentieri del parco nazionale del Paine del Torres lo aveva accompagnato. Un vento furente, rabbioso a volte. Ma fresco e che gli teneva compagnia.
Non potè non notare sugli occhiali da sole la fine polvere rosa, che trasportatata dal vento aveva invaso ogni piccola insenatura della montatura. Decise di non levarla.
Tornato a casa, lo colpi' il forte vento che aveva trovato, dall'atterraggio e per tutta la settimana che segui' non cesso un instante. Sembrava quasi che lo avesse seguito dalla Patagonia.
Una mattina cesso' d'incanto.
Una canzone italiana gli esplose nella mente e non smise più, mai più.
Faceva cosi':
" Io sono il vento,
Sono la furia che passa e che porta con sè,
Che nella notte ti chiama, che pace non ha...
Son l'amor, che non sente pietа.
Io sono il vento.
Se t'accarezzo non devi fidarti di me,
Io non conosco la legge che guida il mio cuor.
Son l'amor, la passione d'amor:
Qualcosa c'è in me, più forte di me.
Sono l'aria che talora sospira,
E che al sol del mattino più dolce si fa...
Son la furia che improvvisa si adira
E che va, fugge e va, dove andrа non lo sa.
Io sono il vento.
Sono la furia che passa e che porta con sè...
Ho traversato il deserto cercando di te!
T'amerò; era scritto così.
Qualcosa c'è in me, più forte di te, più forte di me.
Sono l'aria che talora sospira,
E che al sol del mattino più dolce si fa...
Son la furia che improvvisa si adira
E che va, fugge e va, dove andrа non lo sa.
Io sono il vento.
Sono la furia che passa e che porta con sè...
Ho traversato il deserto cercando di te!
T'amerò; era scritto così.
Qualcosa c'è in me, più forte di te, più forte di me."
Voster semper Voster
venerdì 29 luglio 2016
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Struggente e melanconica...NATA..
RispondiEliminaE di fondamentale, credo
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